Paesaggio Parmense
progetto aperto (inizio 2006)
Documentazione fotografica del paesaggio agrario parmense
Il paesaggio di Jacopo Ferrari
di Luca Gilli
Chi conosce da qualche tempo Jacopo Ferrari sa bene che quando fotografa è sempre alla ricerca della Luce, di quella luce che nutre il paesaggio e si rivela nella profondità mutevole dell’ombra, che appartiene a chi, come lui, vive e lavora in prima persona in molti di quegli stessi luoghi ritratti. Una luce che proviene dalla tradizione ma riesce a sorprendere la consuetudine, a sostenere il futuro, senza eccessi, senza clamori, piuttosto proprio nel solco della normalità, di una quiete rigenerante e riflessiva fatta di quotidiano, di cose semplici, di una certa nostalgia vitale; nel solco di una bellezza formale che è l’espressione, forse più diretta e autentica, di una sostanza ricca e genuina quale ingrediente fondante di quell’eccellenza, anche produttiva, che, nonostante tutto, seppur con parecchie crepe, continua, per fortuna, a connotare il nostro territorio agricolo soprattutto collinare.
Nel “paesaggio” proprio di una comunità o di una civiltà sono compresenti l’aspetto geografico e quello estetico, la funzione e il senso, l’ecologico e il simbolico. Il paesaggio è il risultato visibile di un’alleanza di uomo e terra, derivante a sua volta da una simbolizzazione della collocazione dell’uomo nel cosmo. Oggi più che mai, qui come ovunque, l’urgenza e la difficoltà sono quelle di trovare la giusta misura che permetta, sia nello spazio che nel tempo, di preservare, senza smarrirvisi, la complessità del mondo.
Alla luce di questi presupposti, probabilmente, per Ferrari il guardare e il documentare diventano strumenti di conoscenza di sé e del mondo, di presa di coscienza, di espressione del proprio innamoramento profondo per questi luoghi. Esso non può prescindere da una partecipazione, da un’azione di tutela fattiva dettata dalla consapevolezza che ogni innovazione, per quanto utile, vantaggiosa e seducente, risulterà inevitabilmente sterile se non conforme ai ritmi, ai fragili equilibri, alla delicata complessità della natura, se non in grado di riconoscere e tutelare nel tempo anche i segni del paesaggio meno appariscenti, ma fondamentali, quelli che uno sguardo miope, frettoloso e superficiale archivierebbe addirittura come troppo banali, che sono gli stessi importanti segni costitutivi delle fotografie di Ferrari. Ed è questa sua intimità con la migliore tradizione, anche del medium fotografico, che probabilmente ha determinato la scelta del bianco/nero, di un’elegante veste documentale scandita da un approccio formale rigoroso, frutto, tra l’altro, di una lucida e oramai esperta pratica artigianale vocata all’approfondimento; qualità purtroppo sempre più rara nei giovani fotografi, che tuttavia nobilita da sempre questo affascinante “mestiere”.